... La Missione è esperienza di Dio perché tutto ci porta e ci rimanda a Lui.
La nostra è una scommessa su Dio e sull’uomo, a noi tocca percorrere il tunnel buio per portare luce dall’altra parte. Siamo le persone più fortunate del mondo, onorati della grande tribolazione (Ap 7, 14).
Ciò che sentiamo vale più di quello che facciamo. Saremo giudicati sull’Amore. Bisogna amare molto, dovunque noi siamo. L’essere fisicamente in Missione è poca cosa, l’importante è sentirsi missionari dalla punta dei piedi fino alla cima dei capelli, battere, insistere e lavorare per la Missione.
Il missionario non è una scheggia impazzita della Chiesa locale ma l’espressione di tutta la Chiesa missionaria, di tutti i suoi membri che per il loro battesimo e per la vocazione che lo esplicita debbono essere profondamente missionari.
Spirito missionario non significa cercare soldi per le missioni ma credere profondamente nel primato dell’annuncio, con distacco, mobilità, solidarietà, sintonia con il presente; essere consapevoli del dovere della profezia; essere alla ricerca, non rassegnarsi di fronte alle resistenze, non chiudere gli occhi per non vedere, le orec-chie per non sentire; non restare al centro, non mirare alla stanza dei bottoni ma andare in periferia, per rimboccarsi le maniche e stare con la gente dove la realtà non è soltanto “tema di discussione”.
I poveri ci salvano. I “luoghi di potere” ci frustrano. Andare non al centro, in ambienti neutri e ovattati ma buttarsi nella mischia. Non possiamo stare a guardare l’evolversi della Chiesa ma esserne protagonisti, farla conoscere, farla amare, gridare a squarciagola la vocazione di tutti i cristiani alla Missione.
Dal Libro Eremiti fra la folla - Testi di Carmelo La Rosa - Foto di Tiberio Mavrici
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