Gli antichi, almeno in Sicilia, dicevano che ciò che faceva una casa era la cisterna e il forno perché ci assicurano i due elementi essenziali per vivere: l'acqua e il pane.
In verità la prima cosa da fare era la cisterna anche per poter costruire la casa e fare il pane.
Nelle zone laviche e rocciose le cisterne erano indispensabili ed erano l'unico modo di approvvigionarsi di acqua: raccogliere l'acqua piovana dei tetti. Tante cisterne potrebbero raccontarci il passato di borghi, paesi, contrade, città perché gran parte della loro storia si svolgeva attorno ad esse, che diventavano il luogo degli incontri, della socialità, del vivere civile. L'esempio più forte ci viene da Gesù e la samaritana al pozzo.
Quanto lavoro, quanta fatica per l'acqua, quanta cura, quanta attenzione. Le cisterne scavate in terreni rocciosi richiedevano fatiche e spese immense ma garantivano la vita e il vivere.
Le case erano molto modeste e il costo della cisterna superava di molto quello della costruzione della casa. Poi si azionavano le braccia e si tirava su l'acqua secchio dopo secchio per tutto il necessario.
I bambini avevano paura di questi ventri di acqua nella terra che rispondevano rinviando indietro l'eco delle loro parole, delle voci che si allungavano e si espandevano.
Quando pioveva molto, le cisterne traboccavano e versavano fuori da un apposito sfiatatoio, l'acqua in esubero, facendosi immagine dell'esperienza spirituale più bella, il sentirsi pieni di Dio; della pienezza del cuore che trabocca.
La preghiera è come il calare il secchio nel profondo del cuore per arrivare a Dio che vi riposa dentro e lo riempie.
Man mano ci si allena a scendere sempre più in fondo come in una ricerca che si approfondisce.
Quando la nostra cisterna si svuota, andiamo alla cisterna del fratello ad attingere alla profondità del suo vivere.
La tragedia è affacciarsi all'acqua, vederla ma non poterla bere perché ci manca il secchio o perché il nostro secchio è rotto e non tiene l'acqua.
È amaro sentirsi cisterne screpolate, che non tengono l'acqua. (Gr 2, 13) cisterne vuote, secche, senz'acqua, tempio vuoto, con un'immensa cassa di risonanza. cerchiamo Dio, spinti dalle nostre cisterne vuote che ci fanno impazzire.
La cisterna piena era la garanzia di vita. Fa pensare al cuore: se è vuoto ogni cosa vi trova eco e si amplifica, c'è posto per ogni ansia e afflizione. Se è pieno nulla più lo può opprimere e si supera tutto a partire dalla pienezza della vita.
Dovremmo essere ricolmi fino all'orlo come le idre di Cana perché chiunque possa venire ad attingere e ce ne sia per tutti, perché tutti possano calarvi il loro secchio,per potervi poggiare le labbra, dopo averlo tirato su pieno e dissetarsi con l'acqua fresca, nell'arsura estiva.
Ancora una volta Gesù al pozzo è un'immagine che ci commuove per la profonda umanità che esprime nel bisogno di bere.
Quanta gente viene a noi perché ha sete e si attende di trovare acqua pulita e fresca che possa ristorare il suo spirito.
Ma anche noi abbiamo bisogno di far scendere la corda nel pozzo del nostro cuore per trovarvi risorse spirituali da esprimere e condividere.
Ma ciò può accadere solo se avremo accumulato tesori spirituali, come le formiche, dunque bisogna lavorare tanto nella buona stagione per conservare nel cuore come Maria l'acqua viva dello Spirito.
Occorre accogliere la Parola con abbondanza quando il Signore ce la dona perché nella cattiva stagione possiamo essere ben provvisti di risorse abbondanti di preghiera, di adorazione e di ascolto ove poter attingere in qualsiasi momento.
Quando ci sentiamo colmi, non ci limitiamo a camminare nel mondo ma voliamo, quasi non tocchiamo con i piedi la terra.
Quando consumiamo le nostre risorse spirituali, piano piano ci troviamo ad annaspare pesantemente e a girare a vuoto come impazziti dalla sete.
Il cuore pieno è fonte di pace, di sicurezza e di coraggio.
La vita diventa facile e possibile.
Quando la cisterna si svuota, tirare su l'acqua è sempre più duro e difficile. L'acqua si allontana sempre più e si richiede una maggiore fatica di muscoli.
Con la cisterna piena si può affrontare qualsiasi stagione di siccità e di aridità spirituale.
Quando si ha acqua abbondante, tutti vengono ad attingere da noi e si gode anche della compagnia degli uomini.
La preghiera è anche il bere al nostro pozzo dove il Signore fa trovare abbondanti le Sue acque fresche e limpide.
Il Signore è nel profondo del nostro cuore, lo sentiamo e godiamo di attingervi calando il nostro secchio e poggiandolo dolcemente sulla Sua acqua, sentiamo che il Signore vi entra delicatamente, senza fare violenza e pregustiamo già il momento bello dell'incontro, del contatto e della comunione.
E stiamo lì a sorbire goccia a goccia, lentamente la preghiera che ci giunge come acqua pura che disseta.
Il cuore è avido di preghiera, la assorbe e la consuma facilmente, non è mai sufficiente per riempirlo.
La vita ci svuota facilmente e allora occorre che sempre più frequentemente andiamo al Signore bisognosi di colmare i grandi vuoti con le Sue grandi acque che scaturiscono abbondanti dal seno di chi crede in Lui (cf.Gv,4,14)
Dammi da bere: di Te, Signore. La bocca spalancata: io aspiro. Ciò che Tu dici a me e a noi è spirito e vita. Ricevo la missione di sorgente: sei Tu in me a zampillare vita eterna. (Fratel Christophe - trappista)